Con il termine
anarchia militare si indica un
turbolento periodo del III secolo d.C., durato circa 50 anni, in cui vennero eletti
imperatori, comandanti militari dalla lunga esperienza maturata sui campi di battaglia, amati dalle loro truppe e che, per questo, ricevettero il potere assoluto dal proprio
esercito. Furono le
legioni o la potente
guardia pretoriana, in definitiva, a decidere quando dare (in cambio di
gratificazioni e privilegi) e quando togliere il potere imperiale ai loro rappresentanti, spesso eliminati dopo pochi anni (se non pochi mesi) di esercizio del potere. Così li definì
Aurelio Vittore:
Non era la prima volta nella sua lunga storia che Roma era funestata da
guerre civili. A differenza dei casi precedenti, tuttavia, l'instabilità politica generata dall'anarchia militare fu quella più grave, sia per la lunghezza della crisi istituzionale (mezzo secolo) sia per la concomitanza di altre grandi difficoltà:
invasioni barbariche, epidemie di peste, secessioni di intere province (
Impero delle Gallie,
Regno di Palmira), carestie, tensioni religiose, crisi economiche. La pressione dei nemici sulle frontiere e la mancanza di una guida stabile portarono l'Impero sull'orlo del collasso. Intere regioni (
Dacia e
Agri decumati) dovettero essere abbandonate definitivamente ai barbari. Alla fine, grazie alla risoluzione di un altro generale, il
dalmata Diocleziano, l'anarchia militare ebbe termine, ma non senza conseguenze: il
Principato diveniva
Dominato e i cittadini sudditi. Iniziava il periodo storico detto
Tardo Impero.