Il Dio di Giordano Bruno è da un lato
trascendente, in quanto supera ineffabilmente la natura, ma nello stesso tempo è
immanente, in quanto anima del mondo: in questo senso, Dio e
Natura sono un'unica realtà da amare alla follia, in un'inscindibile
unità panenteistica di
pensiero e
materia, in cui dall'infinità di Dio si evince l'infinità del cosmo, e quindi la
pluralità dei mondi, l'unità della
sostanza, l'etica degli "eroici furori". Questi
ipostatizza un Dio-Natura sotto le spoglie dell'Infinito, essendo l'infinitezza la caratteristica fondamentale del divino. Egli fa dire nel dialogo
De l'infinito, universo e mondi a Filoteo:
Per queste argomentazioni e per le sue convinzioni sulla
Sacra Scrittura, sulla
Trinità e sul
Cristianesimo, Giordano Bruno, già scomunicato, fu incarcerato, giudicato
eretico e quindi condannato al
rogo dall'
Inquisizione della Chiesa cattolica. Fu arso vivo a piazza
Campo de' Fiori il 17 febbraio 1600, durante il pontificato di
Clemente VIII.